N.5/2018 E IL GATTO FIDEL L’esperienza della “saudade” e altre storie Un’insolita reazione dell’Autore ALLE SOLITE STORIE D’ACQUA IL VIAGGIO, LA CASA 40 domande Tommy Calabrese MAGAZINE AUTORE DEL MESE ZenZeroZenZero3 5 STILE E SCRITTURA 17 ALTER EGO 19 22 Ma questo libro ti sta cercando? La parola del giorno: SAUDADE Le solite quaranta domande... ...e un’insolita reazione dell’Autore La "Saudade" - Nostalgia bella Intrusione nel mondo privato dell’Autore INTERVISTA EDITORIALE 20 IL LUOGO DELLO SCRIVERE FRAMMENTI DI TOMMY Anche sui racconti è possibile spifferare A volte gli scrittori mangiano poesie 25 26 RICETTA D’AUTORE 30 CI PIACE Slow-web Il viaggio, la casa, la chitarra e... Fidel 4 TOMMY CALABRESE Anima in viaggio L’altro Tommy 18 È IL LIBRO PER TE? SPIFFERING 34 POCHE STORIE L’altro libro Appunti per una teoria sull’uso delle bretelle NELLE VOSTRE TIEPIDE CASE 24 35 MOVIMENTO di riflessione ZENZERO MAGAZINE SOMMARIOGILBERTO GIL “ Ogni saudade è la presenza dell`assenza Di qualcuno, di un luogo o di un qualcosa,” TODA SAUDADE La Saudade. Cos’è? “La saudade è un po come la fame. Passa solo quando si mangia la presenza.” La defininzione è della scrittrice Clarice Lispector, ed è uno dei tentativi più riusciti di definire l’indefinibile. Saudade è parola brasiliana che non ha quasi equivalenti nelle altre lingue, se non ricorrendo a definizioni complesse. Noi diremmo forse struggimento, nostalgia bella di qualcosa che non c’è in questo momento. Nostalgia, mancanza, rimpianto o tutto questo insieme quando il nostro pensiero si concentra su qualcosa di piacevole e amato, che però non possiamo avere nel momento. Se la saudade è tipica dei poeti brasiliani, non è detto che il sentimento - complesso e intimo - non possa essere suscitato anche da scrittori che di brasiliano non hanno nulla. Per esempio, Tommy. L’EDITORE saudade Uno stato d’animo. La soluzione in un libro, la conferma in una citazione. ZENZERO MAGAZINE PAGINA 3 EditorialeTOMMY CALABRESE PER CAPIRE UN PENDOLARE BISOGNA VIAGGIARE L e distanze a volte impediscono gli incontri, e io Tommy non l’ho ancora incontrato, in effetti. Ma non è per le distanze. E sono sicura che sicuramente lo incontrerò, non appena mi deciderò a mettermi in movimento. È che Tommy ha un fatto: che si muove. È sempre lì a far qualcosa; se non pendola per lavoro, oscilla tra mille attività; oggi può darsi che stia scrivendo, più tardi sarà a cena in famiglia e domattina parteciperà a qualche progetto musicale o di maglieria. Sì, pure di maglieria, anche se non in veste di magliaio. M a non è un fatto importante, perché Tommy mi sembra di conoscerlo sin da quando lessi il suo primo libro e sin dalla prima mail. Si tratta invero di un altro Autore corteggiato letterariamente per ottenerne la pubblicazione, e perciò esiste un corposo carteggio. Le mail intercorse dimostrano inequivocabilmente prima di tutto una cosa: che dietro al talento ci sono sempre un’estrema gentilezza e una grande disponibilità. È un fatto ricorrente, e Tommy in effetti ha una gentilezza fuori dal comune, la stessa che si legge tra le righe dei suoi racconti. E quindi l’invito è a conoscerlo personalmente tramite il suo libro, il blog, la sua pagina facebook e magari, chissà, anche di persona. Ho idea che non sia impossibile incrociare la sua traiettoria, se ci si sposta con il suo stesso entusiasmo. ANIMA IN VIAGGIO ZENZERO MAGAZINE PAGINA 4Tra loro il piromane per eccellenza si chiama economia: “questa” economia. Quella che mozza il fiato alle foreste, toglie il sonno all’orso e alle marmotte e sposta masse enormi a destra e a manca in cerca di pane, sopravvivenza e risicato futuro. L’acqua calda invece è quella dei mari e degli oceani, che una volta regolavano le stagioni e ora scombussolano invece le vacanze ai turisti, sovvertono la vita delle città e di chi le abita, ma anche il respiro delle foreste: bisognerebbe reinventare il freddo, il fuoco buono, il letargo e la corrente del Golfo. La ruota che inventammo per alleviare fatica e avvicinare panorami e civiltà invece oggi gira non per avvicinare e trasportare oggetti e persone, ma per aiutarle a fuggire da qualcuno o qualcosa. Milioni di persone nel mondo vagano senza meta cercando approdo in Europa e in genere nel primo mondo. Molto spesso non hanno la facilitazione delle ruote, ma solo i loro piedi stanchi da trascinare e gommoni fatiscenti: per bagaglio hanno gli stracci che indossano e i più forunati anche un cellulare. Compiono traversate che noi non sapremmo mai affrontare e si trovano di fronte muri oppure grandi e mai visti mari da attraversare. Che cosa non esiste, ma dovrebbe essere assolutamente inventato? Una volta pensavo che, completata la creazione divina, fosse tutto ancora da inventare. Cioè che il bello dovesse ancora arrivare e che la creatività umana fosse appena agli inizi: immaginavo un futuro ipertecnologico, in cui bastasse desiderare per realizzare, senza nemmeno più bisogno di lavorare. È che da bambino leggevo molti fumetti e anzi proprio su quelli ho cominciato ad amare la lettura: libri in casa non è che ne girassero molti e per leggere c’erano appunto i fumetti e alle elementari il libro di lettura e più avanti anche il sussidiario. Ora penso invece che sia tutto da reinventare, ripensare e soprattutto riscoprire. Per esempio il fuoco, l’acqua calda, la ruota e la conquista della posizione eretta. Il fuoco, quello stesso elemento che ere addietro non sapevamo accendere e che faticavamo a mantenere acceso, ora consuma il mondo e fatichiamo a spegnerlo: stuoli di piromani e i loro mandanti fanno a gara per annichilire la vegetazione, consumare legno, vita e ossigeno. INTERVISTA A TOMMY CALABRESE Le solite 40 DOMANDE... ZENZERO MAGAZINE PAGINA 5le fabbriche di carta assorbente - ne esistevano, nella mia fantasia - così come le cartolerie e le fabbriche di inchiostro, altrettanto presenti nella mia fantasia scolara. Dovremmo domandarci - io me lo domando - se siano fallite anche le fabbriche di pensieri e se il numero di coloro che pensano, fantasticano e scrivono non abbia ormai superato il numero di coloro che leggono, ma soprattutto capiscono anche bene il senso di ciò che stanno leggendo. Tornerei a parlare di riconquista della posizione eretta, in questo senso. Comunque sì, scrittori si diventa: io volevo diventarlo, da bambino. Ma devo dire che volevo anche fare l’astronauta, il pompiere, il grande attore o il calciatore e di tutti questi sogni, andando per esclusione e con l’avanzare degli anni, ne ho conservato solo uno. L’astronauta, appunto. Credi nei mondi paralleli? Paralleli a cosa? L’universo non ha punti fermi, devi scegliere se credere nel vuoto pneumatico o nel soffio creativo di un Dio: sei un pianeta lanciato nell’infinito, messo a gravitare sperando di evitare almeno le rotte di collisione o le implosioni. Se ci fosse un mondo parallelo, però, non vorrei conoscere l’altro me: è già un’impresa enorme conoscere, almeno per sommi capi, uesto me. Se tu avessi il potere di risolvere un problema dell’intera umanità, quale risolveresti? Un incallito pendolare ha una sola risposta: che i treni viaggino puliti, in orario. O che almeno non deraglino mai, cosa che ultimamente è diventata Come Annibale non avevano mai visto neve e la calpestano a piedi nudi pur di arrivare qui: che è un luogo dove, se proprio non si vive nel senso pieno del termine, almeno non si muore di fame e di bombe. Chi fabbrica le ruote dovrebbe usarle per andare a prelevarli oppure regalargliene per lasciarli arrivare: in fondo - è una mia convinzione - vengono a salvarci e non ad essere salvati. Insegneranno la posizione eretta a chi ormai conosce solo la gobba di millenni trascorsi da “forzati del benessere” e la schiena storta della rassegnazione a questo malinteso star bene al mondo. Scrittori si nasce, o si diventa? Si nasce lettori: il primo bisogno di chi, bambino, vuole diventare grande è imparare a leggere cosa scrivono gli adulti, il secondo è quello di capire il senso delle parole e in quale modo le si debba poi mettere in fila. Con sorpresa dei miei genitori - andavo ancora all’asilo - lessi un titolo di giornale ad alta voce, ricordo perfino che... ma questo me lo spiegarono poi i miei genitori più avanti… si parlava di Lindon Johnson e della sua salita alla Casa Bianca dopo l’uccisione di JFK. Scrittori invece si diventa per forza: chiunque sappia ancora scrivere di proprio pugno lo è, e la scuola in questo è fondamentale. Oggi non scriviamo, digitiamo: cioè “numeriamo”, perché etimologicamente la parola digitare deriva non dal latino digitus, ossia dito, ma dalla parola inglese “digit”, cioè cifra, numero. Tra “parolare” e “numerare” c’è un abisso. La fatica fisica della scrittura è minore, non dobbiamo intingere penne nei calamai, né ricaricare stilografiche e nel frattempo credo siano fallite ZENZERO MAGAZINE PAGINA 6purtroppo molto frequente. Ma capisco che tale visione sia un po’ limitata e di parte. Volessi vincere facile proverei a togliere dal mondo la fame: tra i paradossi del nostro tempo c’è quello di produrre alimenti a sufficienza per tutti e forse anche di più e la battaglia sarebbe perfino anche già vinta, se non si vivesse tutti in balia di in una economia malata e disumana. Se ti trovassi di fronte ad un alieno, qual è la prima cosa che faresti o diresti? “Do you speck English”?, probabilmente. Ma ricorderei subito dopo di non conoscere l’inglese; a scuola studiai solo francese, ma ben sappiamo che gli alieni, letterariamente e cinematograficamente parlando, sono di origine e di cultura anglosassone. A quel punto cercherei di fargli capire almeno a gesti che io sono anche più alieno di lui e che sulla terra, quantomeno, sono arrivato prima. Quindi se vuole sperare di comunicare con il resto dell’umanità che si metta in fila e aspetti il suo turno: io ci sto provando da quando sono nato, con risultati piuttosto alterni. Che sensazione provi se pensi alle persone che leggono i tuoi libri? Una cosa che a volte mi capita è quella di imbattermi in persone che, avendo letto questo o quel racconto, mi chiedono se si tratti di vicende reali e autobiografiche. Quando accade, se si tratta di persone che non conosco, mi rendo conto di aver centrato un obiettivo, quello di averli trasportati nelle vite di cui stanno leggendo, ma che quasi mai hanno veramente a che fare con la mia. È lo stesso viaggio che a volte provo a fare quando mi infilo nei panni e nella testa di personaggi di cui scrivo e di cui, prima di scrivere, sapevo poco o nulla. Scrivere, trascrivere e descrivere sono verbi diversi e hanno funzioni diverse: io provo a scrivere inventando vite non vissute oppure vissute da altri come se fossero la mia e mi piace pensare che chi legge abbia la stessa sensazione di chi sta raccontando, cioè che “cammini” dentro una vicenda frase dopo frase, senza cercare di indovinare ad ogni costo come andrà a finire. Chi racconta non sempre lo sa, se non alla fine della sua stessa scrittura. Sai cucinare? Andai a vivere da solo, millenni addietro: avevo tutto il necessario, come se mi stessi sposando. Le mamme, si sa, non ci dormono sopra tranquille: la mia non sapeva che, oltre a pentole, posate e chincaglierie che ancora possiedo (comprese certe tazzine sbeccate, scheggiate e senza manico, che sono poi le mie preferite) mi portavo dietro gli odori della cucina di casa mia. Senza una scuola precisa che non fosse quella del mio naso, fin dal primo giorno della mia vita indipendente sapevo esattamente cosa fare e come farlo, nessun piatto che non avesse quell’odore si poteva chiamare riuscito e saporito. Amo però cucinare quelle pietanze che richiedono tempi lunghi e alla fin fine si cucinano da sole, mentre tu cucini pensieri e buone compagnie: ci fu chi amò più la mia cucina che la mia compagnia, ma non sapeva della mia idiosincrasia per le ricette. Il ricordo, i profumi e gli odori restano, le donne a volte no: ma far da mangiare per loro, inventando ZENZERO MAGAZINE PAGINA 7sapori nuovi, fu ugualmente piacere e sentimento. Come il resto, e loro lo sanno bene. Il piatto che cucineresti se dovessi organizzare una cena per il tuo editore Spaghetti! Ma con il ragù che so io, di quelli che cominci a preparare in un modo, ma poi evolvono con l’estro del momento e con l’aggiunta dei più impensati ingredienti: in genere servono a sopperire alla mancanza di quelli che davvero farebbero parte di questa non- ricetta, ma che non c’è più tempo per andare a comprare. Oppure nevica o piove e non ne avresti voglia. Il vantaggio di questo tipo di cucina è che non ce ne sono due uguali e che nessuno può rubare i segreti al cuoco, visto che non li conosce neanche lui. Detto questo, nessuno si è mai lamentato del mio ragù e dei miei spaghetti e anzi, nel dopocena è capitato che qualcuno mi suggerisse di aprire un ristorante: ne deduco in genere che l’ospite avesse semplicemente molta fame, ma i complimenti mica vanno nell’umido, giusto? Cosa pensi della politica? Ne ho respirata tanta e ancora ne respiro, pur senza un impegno diretto nelle forme abituali. Un tempo, però, anche in quelle. Il mio amico Cesare, vecchio democristiano, una volta mi disse: “La politica sono i soldi!”. Aveva ragione: lo ammisi solo quando capii il senso ultimo di quella frase, ma per me, fondamentalmente idealista e utopista, l’idea che tutto l’agire politico si riducesse distribuzione delle risorse era comunque dura da accettare. La politica non può che essere pragmatica, cioè decidere in base a interessi comuni come vanno spesi i soldi che ci sono. Oggi però la politica e l’economia viaggiano su binari diversi ed è quest’ultima a determinare la vita delle singole persone e le sorti del mondo. Potrei dire che, osservando gli sviluppi di questi giorni e di questi anni, economia, finanza e politica sono roba da ricchi e dei ricchi: il contrario di ciò che dicono le beatitudini evangeliche, che restano per me un vero manifesto politico e spirituale. Mi definii “comunista nei limiti imposti dal Vangelo” e credo ancora oggi che sia il mio vestito più adatto: le mode intorno sono cambiate, ma io, quando mi guardo allo specchio, non mi sento per questo meno elegante. ZENZERO MAGAZINE PAGINA 8Ruberesti la Gioconda? Diciamo che la riporterei a casa volentieri, questo sì. Quando la vidi al Louvre, però, pensai perfino che fosse divenuta il luogo comune di arte e bellezza, molto al di là del suo effettivo valore: questo perché me la immaginavo ben più grande e mi ritrovai davanti ad un quadro di appena settanta centimetri per cinquanta di larghezza. Guardai meglio e ci vidi ciò che da lontano non si vede: il desiderio della bellezza assoluta, che è poi ricerca di Dio. Non può appartenere ad un uomo solo, né ad una sola epoca: siamo noi che passiamo, la bellezza, quando c’è, va tramandata e presa a modello. C’è anche un altro motivo per cui non la ruberei mai: in casa mia non farebbe pendant col poster di Che Guevara. L’ultima volta che hai riso tanto da sentirti male (o pianto a dirotto, come preferisci) Quando ho voglia di ridere, mi riguardo “Il circo” di Charlie Chaplin, anche se il finale è di una malinconia contagiosa. Se vuoi evitartela per fortuna basta fermare il video qualche minuto prima, è il bello della tecnologia. L’ultima volta che ho pianto a dirotto invece guardavo il film della mia vita in quel momento: ero da solo, per fortuna. E ancor più fortunatamente ho saputo mandare avanti la pellicola di un certo numero di fotogrammi: è il bello della spiritualità del vivere, ma anche quello di essere registi di sé stessi e della propria stessa vita. Questione di telecomandi, ma anche di saperli usare. Una definizione letteraria di “sesso” È quando due anime fanno l’amore mentre i loro corpi fanno ginnastica e le loro menti pensano in esperanto. La cosa più importante La cosa più importante è quella che stai facendo, subito dopo viene, per importanza, quella che stai per fare. Non hai altre possibilità di cambiar sorte a te stesso e al mondo: da tempo ignoro agende e calendari. Per due volte, in due gravi incidenti in moto, ho imbrogliato la morte improvvisa e ho imparato che ore e giorni sono grandi regali, perfino quando dormi o te ne stai a guardare i panorami. Sognare e contemplare sono le cose importanti, quelle che ci danno senso e ZENZERO MAGAZINE PAGINA 9Next >